Un atto può beneficiare dell’esenzione dall’imposta di registro esclusivamente quando si connota come “un atto di liberalità” e non semplicemente come un atto a titolo gratuito. È quanto ha stabilito la Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Toscana con la sentenza n. 366 del 18 aprile 2023.
La vicenda su cui si è espressa la Corte riguarda una società a responsabilità limitata che cedeva, a titolo gratuito, un appezzamento di terreno ad un comune che accettava l’acquisto a titolo gratuito. Il notaio incaricato di redigere il contratto riteneva, in sede di autoliquidazione, di non applicare né l’imposta di registro o di donazione, né le imposte ipotecaria e catastale. L’Agenzia delle entrate notificava al professionista un avviso di liquidazione, ritenendo tale atto soggetto all’imposta di registro in misura fissa ai sensi dell’articolo 32, comma 2, del Dpr n. 601/1973.
Sia la Commissione tributaria provinciale di Firenze che la Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Toscana hanno respinto le impugnazioni, accogliendo invece la tesi dell’Amministrazione finanziaria. I giudici hanno ritenuto che l’esenzione possa applicarsi solo agli atti di liberalità e non genericamente a quelli a titolo gratuito.
Ma quand’è che un atto può essere qualificato come atto di liberalità?
Ebbene, i magistrati toscani hanno chiarito che un atto di liberalità è, per definizione, un atto compiuto unilateralmente, disinteressatamente e spontaneamente, per puro spirito di liberalità, da un soggetto a beneficio e vantaggio di un altro soggetto. È, dunque, l’atto con cui una parte arricchisce l’altra, attraverso un proprio impoverimento, senza esservi tenuta, senza, quindi, che ciò si configuri come adempimento di un’obbligazione, naturale o civile che sia. Ed è proprio il diverso animus o elemento soggettivo che distingue gli atti di liberalità dagli atti a titolo gratuito. Nei primi è, infatti, sempre presente un animus donandi che al contrario manca negli atti a titolo gratuito. Nel caso in esame, ha chiarito la Corte di giustizia tributaria ci si trova difronte a un atto a titolo gratuito e non a un atto di liberalità in quanto la società ha effettuato la cessione del terreno esclusivamente in attuazione di un precedente accordo con l’amministrazione comunale, formalizzato successivamente con l’atto del notaio sottoposto a registrazione. La suddetta cessione, quindi, hanno chiarito i giudici, “non può essere considerata propriamente gratuita e caratterizzata da uno spirito di liberalità in quanto la stessa avviene nell’ambito di una convenzione urbanistica, e, quindi, è doverosa in adempimento di una determinata obbligazione”.