La Suprema Corte di Cassazione, con l’ordinanza del 6 luglio 2020, n. 13872, all’esito di un articolato e complesso percorso deliberativo, ricostruisce la ripartizione dell’onere probatorio nelle fattispecie di responsabilità medica.
La Cassazione ricorda che nei giudizi risarcitori da responsabilità medica si presenta un “doppio ciclo causale” (Cass. 18392/2017) così strutturato: 1) il paziente deve provare il nesso di causalità fra l’insorgenza o l’aggravamento della patologia o la morte e la condotta del sanitario (fatto costitutivo del diritto); 2) la struttura sanitaria deve provare che una causa imprevedibile ed inevitabile ha reso impossibile la prestazione (fatto estintivo del diritto).
Il debitore (l’ospedale nel nostro caso) è tenuto a provare che l’inadempimento sia derivato da causa a lui non imputabile solo dopo che il creditore-danneggiato abbia dimostrato che l’aggravamento della patologia o la morte sia riconducibile alla condotta del danneggiante (Cass. 18392/2017; Cass. 2017/26824; Cass. 29315/2017; Cass. 3704/2018; Cass. 26700/2018, Cass. 28991/2019).
La Suprema Corte ricorda, ad ogni modo, che la risultanza probatoria può essere assunta sulla base della regola del così detto “più probabile che non”. Tale regola postula che, per uno stesso fatto, possano esservi una ipotesi positiva ed una negativa. Il giudice deve scegliere quella che, sulla base delle prove allegate, è dotata di un “grado di conferma logica superiore all’altra”. In tal modo, si delinea il modello di certezza probabilistica, in cui per ricostruire il nesso causale, occorre che l’ipotesi formulata vada verificata sulla base degli elementi disponibili nel caso concreto e, il giudice, sceglierà come “vero” l’enunciato che ha ricevuto il grado relativamente maggiore di conferma sulla base delle prove disponibili.
La ragionevole probabilità non va, naturalmente, intesa in senso statistico (probabilità quantitativa o pascaliana), ma logico (probabilità logica o baconiana), ossia considerando tutte le circostanze del caso concreto (Cass. 3390/2015; Cass. 4024/2018).